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Andrea Santarlasci è nato nel 1964 a Pisa, dove vive e lavora.
La ricerca di Andrea Santarlasci si è sviluppata a partire dai primi anni ’90 attraverso una approfondita meditazione sulle relazioni e distinzioni tra spazio e luogo, con un approccio, per certi versi, sempre più narrativo, ma carico di aspetti metaforici e simbolici non codificati, capaci di innescare ulteriori interpretazioni, tali da restituire anche un repertorio del linguaggio non verbale che riguarda la complessità del pensiero e della realtà dove si esplicita e si evidenzia il carattere ambiguo e paradossale del tempo.
«Il lavoro di Andrea Santarlasci, - scrive Lorand Hegyi - profondamente evocativo, poeticamente complesso, emotivamente offensivo e allo stesso tempo elegantemente silenzioso, collega sottilmente diversi campi di esperienza, e di incontri intellettuali per creare una zona di riferimenti e connotazioni molto articolata e intensa che intende sensibilizzare essenziali costellazioni culturali e antropologiche.
In questa occasione l’artista affronta ed interpreta temi che riguardano la realtà e la storia della città di Catania, ma anche le sue leggende, che possono divenire valori universali dell’esistenza e continuano ad essere profondamente pertinenti alle problematiche del mondo contemporaneo.»
Continua Lorand Hegyi: «L’opera di Andrea Santarlasci incarna l’appassionata messa in discussione della credibilità della cosiddetta realtà realizzando metafore estremamente suggestive…intellettualmente intriganti e poeticamente potenti dell’unità divisa dell’universo, che si riflette, poi, sia nelle grandi narrazioni dei miti, sia nelle micro-narrazioni delle costellazioni concrete, immediate, locali, storiche, archeologiche, geopolitiche, socioculturali di ogni locus, come concretizzazione della realtà umana».
Come dichiara l’artista: «…Il progetto nasce da una riflessione sul luogo. Dalla città di Catania è scaturita l’idea di affrontare ed interpretare i temi e le suggestioni che si intessono con il suo territorio, la storia e le leggende che riguardano i fiumi sotterranei, reali e mitici, acque invisibili, leggendarie, oscure o scomparse, che spesso divengono risonanze metaforiche e ci portano a riflettere e meditare su quesiti universali ed esistenziali dell’uomo, come il dolore e la morte. Valori opposti quali immobilità e scorrimento, colti simultaneamente in una compresenza, saranno ulteriori temi affrontati attraverso la sostanza dell’acqua che diviene, allo stesso tempo, metafora della morte e della vita».
All’interno della galleria verrà presentata una grande installazione site specific dal titolo Sotto di noi, immobile scorre il tempo dell’acqua, 2018, ispirata, sia ai percorsi d’acqua del sottosuolo come l’Amenano, il Simeto e il lago Nicito, spesso deviati, sommersi o scomparsi a causa delle calamità naturali come terremoti e colate laviche che nei secoli si sono susseguite, sia a quelli immaginari o mitologici, come l’Aci che ritroviamo spesso nella narrativa classica.
L’opera è costituita da un ampio pavimento di legno eroso che ripercorre tutto il perimetro della galleria, dove si apre una rottura, una rovina, una voragine, un vuoto da cui emerge l’acqua profonda e scura, di un possibile fiume sotterraneo. Come il riaffiorare di un qualcosa di nascosto e invisibile, o il materializzarsi della memoria e dell’immaginazione.
Come dichiara l’artista: «Dall’alto cala enigmaticamente una luce, quasi a segnalare il punto di emersione delle acque che affiorano dal sottosuolo lievemente increspate da una leggera corrente, ma allo stesso tempo immobili e circoscritte nel perimetro della galleria, quasi a evocare le acque chiuse di Gaston Bachelard: “L’acqua chiusa prende la morte nel suo seno. L’acqua rende la morte elementare. L’acqua muore con la morte nella sua sostanza. L’acqua diventa allora un nulla sostanziale. Non si può andare oltre nella disperazione. Per alcune anime, l’acqua è la materia della disperazione”» (Gaston Bachelard Psicanalisi delle acque).
Questo intervento diviene anche una pratica per attivare contrattempi temporali e spaziali, spaesamenti e appaesamenti, ricontestualizzazioni fisiche che spesso riguardano aspetti essenziali di luoghi ed ambienti, tanto da stimolarne una diversa, ma peculiare visione delle loro caratteristiche, spesso celate o dimenticate, in una costante variazione e sovrapposizione tra presenza e assenza. Come ha avuto modo di dichiarare l’artista: «E’ proprio nel punto dove si può scorgere un vuoto, ciò che è scomparso può far intravedere la sua presenza. Un’oscillazione tra mancanza e persistenza, una relazione, un cortocircuito tra ciò che è scomparso e ciò che incessantemente non smette di riaffiorare».
Saranno inoltre presentate alcune opere pittoriche, realizzate appositamente per questo progetto, dove compaiono parole scelte ed estratte da suggestioni letterarie che riguardano o sono legate a questo territorio, come il termine latino Lacrimae individuato all’interno del testo della leggenda di Galatea nel XIII libro delle Metamorfosi di Ovidio.
Scrive Lorand Hegyi: «L’opera di Andrea Santarlasci agisce su due livelli: quello storico-socio-culturale, archeologico ed etnografico, che enfatizza le realtà concrete, locali, immediate, come il luogo e la sua gente, e quello che evoca dimensioni metaforiche, poetiche, spirituali, che tendono a segnalare prospettive di illimitati drammi emotivi ed esistenziali, gli inevitabili conflitti tra stabilità, immobilità, trasparenza e dall’altra parte oscurità, instabilità, fluidità incertezza... Il titolo della mostra, Lacrimae evoca il mito di Galatea, splendidamente narrato nelle Metamorfosi di Ovidio, come una storia sempre attuale di amore e di dolore, come incarnazione toccante e profondamente inquietante dell’inevitabile e immutabile destino della vita umana, che è limitato, temporalmente e radicalmente incorniciato tra nascita e morte. La qualità vividamente commovente e un po’ malinconica, allo stesso tempo irritante e interrogativa del lavoro di Andrea Santarlasci, nasce da una approfondita lettura della storia di Galatea, che si trasforma in paradigma di temporalità e generosità, dove attraverso la sofferenza personale l’individuo è in grado di offrire e donare qualcosa di essenziale agli altri.»
Come afferma l’artista: «Nelle fasi preliminari del mio lavoro ciò che precede l’azione è l’osservazione, che mi pone in una dimensione ricettiva. Esistono energie visibili e invisibili nei luoghi, e noi siamo in grado di ascoltarle, di mettersi in relazione con loro. Ogni dischiudersi davanti a me di queste immagini non è mai del tutto una scelta razionale, una scelta volontaria, queste figure si impongono dentro la mia immaginazione, dentro la mia riflessione che partecipano a questa antica e allo stesso tempo nuova configurazione delle cose, senza la pretesa né la volontà di poterle definire, ma aprendomi ad una meditazione che ne attivi anche una continua interrogazione.»
«È il luogo che suggerisce, che in qualche modo genera l’opera…»
EN
Andrea Santarlasci was born in 1964 in Pisa, where he lives and works.
Andrea Santarlasci's research has developed since the early 1990s through an in-depth meditation on the relationships and distinctions between space and place, with an approach that is in some ways increasingly narrative, but charged with uncoded metaphorical and symbolic aspects, capable of triggering further interpretations, such as to restore a repertoire of non-verbal language that concerns the complexity of thought and reality where the ambiguous and paradoxical character of time is made explicit and highlighted.
«Andrea Santarlasci's work - writes Lorand Hegyi - is profoundly evocative, poetically complex, emotionally offensive and at the same time elegantly silent, subtly connecting different fields of experience and intellectual encounters to create a highly articulated and intense zone of references and connotations that aims to raise awareness of essential cultural and anthropological constellations. On this occasion the artist tackles and interprets themes that concern the reality and history of the city of Catania, but also its legends, which can become universal values of existence and continue to be profoundly pertinent to the problems of the contemporary world».
Lorand Hegyi continues: «Andrea Santarlasci's work embodies the passionate questioning of the credibility of so-called reality by creating extremely suggestive metaphors...intellectually intriguing and poetically powerful of the divided unity of the universe, which is reflected, then, both in the great narratives of myths, and in the micro-narratives of the concrete, immediate, local, historical, archaeological, geopolitical, socio-cultural constellations of each locus, as a concretisation of human reality».
As the artist says: «...The project was born from a reflection on the place. From the city of Catania came the idea of tackling and interpreting the themes and suggestions that are interwoven with its territory, the history and legends concerning the underground rivers, real and mythical, invisible, legendary, obscure or disappeared waters, which often become metaphorical resonances and lead us to reflect and meditate on universal and existential human questions, such as pain and death. Opposite values such as immobility and flowing, captured simultaneously in a co-presence, will be further themes addressed through the substance of water, which becomes, at the same time, a metaphor for death and life».
A large site-specific installation entitled Sotto di noi, immobile scorre il tempo dell'acqua (Beneath us, still the time of water flows), 2018, will be presented in the gallery. It is inspired both by the underground waterways such as the Amenano, the Simeto and Lake Nicito, which are often diverted, submerged or disappeared as a result of natural disasters such as earthquakes and lava flows over the centuries, and by imaginary or mythological ones, such as the Aci, which we often find in classical fiction.
The work consists of a wide, eroded wooden floor that runs along the entire perimeter of the gallery, where there is a break, a ruin, a chasm, a void from which the deep, dark water of a possible underground river emerges. Like the resurfacing of something hidden and invisible, or the materialisation of memory and imagination.
As the artist states: «A light falls enigmatically from above, almost as if to indicate the point of emergence of the waters that emerge from the subsoil, slightly rippled by a light current, but at the same time immobile and circumscribed within the perimeter of the gallery, almost as if to evoke Gaston Bachelard's closed waters: "Closed water takes death into its bosom. Water makes death elementary. Water dies with death in its substance. Water then becomes a substantial nothingness. One cannot go further into despair. For some souls, water is the stuff of despair"».
This intervention also becomes a practice for activating temporal and spatial mishaps, disorientations and hang-ups, physical recontextualisations that often concern essential aspects of places and environments, so as to stimulate a different, but peculiar vision of their characteristics, often hidden or forgotten, in a constant variation and overlapping between presence and absence. As the artist has stated: «It is precisely at the point where a void can be seen, what has disappeared can give a glimpse of its presence. An oscillation between lack and persistence, a relationship, a short-circuit between what has disappeared and what never ceases to resurface».
There will be also a number of paintings, created specifically for this project, featuring words chosen and extracted from literary suggestions concerning or linked to this territory, such as the Latin word Lacrimae found in the text of the legend of Galatea in the 13th book of Ovid's Metamorphoses.
Lorand Hegyi writes: «Andrea Santarlasci's work operates on two levels: the historical, socio-cultural, archaeological and ethnographic one, which emphasises concrete, local, immediate realities, such as the place and its people, and the one that evokes metaphorical, poetic, spiritual dimensions, which tend to point out prospects of unlimited emotional and existential dramas, the inevitable conflicts between stability, immobility, transparency and on the other hand obscurity, instability, fluidity, uncertainty...The title of the exhibition, Lacrimae evokes the myth of Galatea, beautifully narrated in Ovid's Metamorphoses, as an ever-present story of love and pain, as a touching and deeply disturbing embodiment of the inevitable and unchanging destiny of human life, which is limited, temporally and radically framed between birth and death. The vividly moving and somewhat melancholic, at the same time irritating and questioning quality of Andrea Santarlasci's work stems from an in-depth reading of Galatea's story, which is transformed into a paradigm of temporality and generosity, where through personal suffering the individual is able to offer and donate something essential to others.»
As the artist says: «In the preliminary stages of my work what precedes action is observation, which places me in a receptive dimension. There are visible and invisible energies in places, and we are able to listen to them, to relate to them. These figures impose themselves within my imagination, within my reflection, participating in this ancient and at the same time new configuration of things, without the pretence or the will to be able to define them, but opening me up to a meditation that also activates a continuous questioning.»
«It is the place that suggests, that in some way generates the work...»