IT
Rä di Martino nata nel 1975. Vive e lavora a Roma.
La ricerca di Rä di Martino è focalizzata principalmente sulla percezione del vero e del falso. L’impossibilità di rappresentare questi due valori in maniera oggettiva e uno spettro quasi infinito di possibilità, offrono all’artista altrettanti opportunità di sviluppare la sua creatività.
Agisce con un metodo di investigazione del reale basato su un forte rapporto di dipendenza con l’esperienza, è infatti il processo che le suggerisce l’idea e gli elementi necessari per definire temi e il linguaggio (video, scultura, fotografia, collage, performance).
Non esiste una sceneggiatura da cui partire o un contesto definito su cui applicare formule e linguaggi. In lei tutto si realizza grazie a quanto istante per istante, nel farsi delle cose, la sua sensibilità percepisce e quindi elabora un racconto che si muove lungo il crinale del dubbio, dell’ironia, della verità o falsità delle cose, convinta che questo rappresenta l’unica certezza possibile.
Il background dell'artista nel teatro e la sua passione per il cinema sono parte integrante della sua poetica ed emergono non solo nei suoi video, ma anche nei lavori fotografici e nelle installazioni. Scenografie, attori e oggetti di scena sono utilizzati in modo non convenzionale per investigare temi diversi come i rapporti umani, le tradizioni cinematografiche, il teatro di guerra e la storia.
Usa il cinema come un punching ball, giocando sui resti dei set, sui frammenti di dialogo, sugli attrezzi costruiti dai tecnici delle luci, su tutti i dispositivi metafilmici su cui le è capitato di focalizzare l’attenzione.
“Il direttore della fotografia disseminava la scena di pannelli per creare riflessi e ombre: è su questo che gioca la mostra, su luci e ombre, sull’idea di finto e vero, che è poi quella del film. Quello è un lavoro di cinema nel cinema, c’è il finto remake, la finta troupe, il documentario che sembra vero, ma è finto. In mostra c’è la palma che sembra vera, ma in realtà è montata su un treppiedi ed è di legno: non è più dunque il “device” da utilizzare sul set, ma un oggetto a se stante.
Poi ci sono le fotografie scattate mentre giravo il film: palme ancora, e il gioco di riflessi. In realtà è più un gioco sull’idea di film: un gioco di immaginazione, di finzione, di luci e ombre, senza entrare nel racconto”.
L’uso di materiale d’archivio è un ulteriore aspetto della sua ricerca e a tal proposito dice: “Ho iniziato da questa riflessione fin dai primi progetti: il lavoro sui set abbandonati nei deserti nordafricani rappresentano la ricerca di qualcosa che abbiamo visto nei film e sono entrati a far parte di un immaginario di cui però troviamo solo dei resti ed è strano perché da un lato hai questo feticismo di volerli vedere e sei felice che esistano, dall’altro sono come spazzatura ma affascinanti perché sembrano delle rovine. Forse il motivo principale per cui mi ritrovo spesso a lavorare su materiale d’archivio è una tendenza a studiare e ricreare delle immagini del passato per cercare di rimetterle in moto o di paragonarle al presente.
In effetti, c’è un voler toccare ed essere in quel momento fotografico, estrapolarlo e renderlo tridimensionale. Lo faccio in vari modi come nel mio progetto personale “Open Trees”, una serie fotografica aperta su cui continuo a lavorare. In questo progetto rielaboro foto di alberi che colloco nel cielo come se volassero, poi ricreo dei finti negativi che stampo in camera oscura ottenendo le foto analogiche.
Nel mondo di Rä di Martino si percepisce una forte tensione emotiva che dà un senso alle cose e alla loro intrinseca esistenza.
EN
Rä di Martino was born in1975. Lives and works in Roma (I).
The research of Rä di Martino is mainly focused on the perception of true and false. The impossibility of representing these two values in an objective manner and an almost infinite spectrum of possibilities offer the artist so many opportunities to develop her creativity.
She uses a method of investigating reality based on a strong relationship of dependence with experience, it is in fact the process that suggests the idea and the elements necessary to define themes and language (video, sculpture, photography, collage, performance).
There is no script to start from or a defined context on which to apply formulas and languages. In her, everything is realized thanks to what her sensitivity perceives moment by moment, in the making of things, and therefore elaborates a story that moves along the ridge of doubt, irony, truth or fakeness of things, convinced that this represents the only possible certainty.
The artist's background in theatre and her passion for cinema are an integral part of her poetics and emerge not only in her videos, but also in her photographic works and installations. scenography, actors and props are used in unconventional ways to investigate themes as diverse as human relationships, film traditions, war theatre and history.
She uses cinema as a punching ball, playing on the remains of sets, fragments of dialogue, tools built by lighting technicians, all the meta-filmic devices on which she happened to focus her attention.
"The director of photography scattered the scene with panels to create reflections and shadows: this is what the exhibition plays on, on lights and shadows, on the idea of fake and real, which is what the film is about. This is a work of cinema within cinema, there is the fake remake, the fake crew, the documentary that seems real, but is fake. On show is the palm tree that looks real, but is actually mounted on a tripod and is made of wood: it is therefore no longer the device to be used on the set, but an object in its own right.
Then there are the photographs taken while I was shooting the film: palm trees again, and the play of reflections. In reality, it is more of a game about the idea of a film: a game of imagination, of fiction, of light and shade, without entering into the story".
The use of archival material is another aspect of his research and in this regard he says: I started from this reflection right from the first projects: the work on the abandoned sets in the North African deserts represent the search for something that we have seen in films and have become part of an imaginary world of which we only find the remains and it is strange because on the one hand you have this fetish of wanting to see them and you are happy that they exist, on the other hand they are like rubbish but fascinating because they look like ruins. Perhaps the main reason why I often find myself working with archive material is a tendency to study and recreate images from the past to try and revive them or compare them to the present.
In fact, there is a desire to touch and be in that photographic moment, to extrapolate it and make it three-dimensional. I do this in various ways as in my personal project “Open Trees”, a photographic series that I continue to work on. In this project I rework photos of trees that I place in the sky as if they were flying, then I create fake negatives that I then print in a darkroom, obtaining the analogue photos.
In Rä di Martino's world there is a strong emotional tension that gives meaning to things and their intrinsic existence.